La Pietra di Shabaka, la Creazione di Ptah

Una delle cosmogonie più importanti conservate oggi è quella elaborata dai Sacerdoti di Menfi. Secondo la loro teoria sulla creazione del mondo, il dio Ptah, mediante il cuore (la mente) e la lingua (la parola) donò la nascita e l’esistenza di tutte le cose.

Il documento che raccoglie la cosmogonia menfita, attribuito a Shabaka per il racconto che si fa all’inizio dell’inscrizione, fu inciso su una pietra di granito nero, conservata al British Museum di Londra. La cronologia reale del documento è difficile da determinare , dato che in epoca nubiana si instaurò il gusto pe le fome arcaiche. Inoltre, non bisogna dimenticare che i faraoni nubiani volevano mostrarsi al popolo egizio come sovrani compassionevoli e molto rispettosi delle credenze faraoniche, motivo per cui vollero recuperare questo antico testo.

Le tematiche che appaiono sulla pietra di Shabaka sono l’identificazione del dio Ptah come re d’Egitto e unificatore del paese, l’afferrmazione che la città di Menfi era la capitale dell’Egitto – dato non strano, se si pensa che il santuario principale del dio Ptah di trovava proprio a Menfi – e, per ultimo, la presentazione di Ptah come dio supremo dell’Egitto e lo sviluppo della cosmogonia, con molti parallelismi con il Vangelo di San Giovanni e il libro della Genesi.

La Pietra– Questo documento di valore è inciso su una lastra di ganito nero di 66×137 cm, che pesa più di 400 kg e fu estratta dalle cave di Wadi Hammamat. Presenta un profondo foro centrale e vari solchi radiali perchè venne utilizzata per lungo tempo. In epoca post faraonica, come  pietra di mulino. Fu rinvenuta nel 1805 e donata al British Museum dal conte di Spencer poco tempo dopo che Jean Francois Champollion aveva decifrato la Pietra di Rosetta.

Il Testo Geroglifico – L’inscrizione sulla pieta di Shabaka è formata da 3 righe orizzontali superiori e 61 colonne di geroglifici verticali dei quali più di 25, nella parte centrale, sono danneggiati. I testi furrono incisi dagli scribi menfiti con scalpelli di rame. Il primo a fare una copia del testo geroglifico conservato fu l’archeologo J. Henry Breasted nel 1902 e lo fece proprio nella sala del museo in cui la pietra era esposta. La lingua e la forma del testo sono molto arcaiche.

Il Nome del Faraone – Nella prima riga dell’inscrizione geroglifica si cita due volte il nome di Neferkare, scelto dal re Shabaka per l’incoronazione. In questo testo di presentazione si racconta che il sovrano ordina di trascrivere sulla pietra il testo di un antico papiro devastato da vermi, prima che si perda l’originale. La volontà di Shabaka di far incidere questo testo conferma la sua intenzione di allearsi con il clero di Menfi e di appropriarsi delle più antiche tradizioni faraoniche, come sistema di legittimazione del suo potere sul Doppio Paese.

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