La classe sacerdotale Egizia

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Nell’Antico Egitto solo il faraone poteva interloquire con le divinità e il mondo unmao e divino. Egli , celebrava tutte le cerimonie della religione egizia: i riti quotidiani e le celebrazioni speciali che si svolgecano nei vari templi. Era un lavoro molto duro e difficile da gestire perfino per il divino faraone. Fu nominato infatti un gruppo di funzionari reali che rappresentassero il faraone nelle cerimonie: i sacerdoti. I sacerdodi gestivano le attività religiose, cerimoniali ed economiche  dei vari templi.

Essendo sostituti del faraone a loro non era richiesta una vocazione prettamente religiosa. Per poter assolvere al loro compito, dovevano essere in grado di leggere e recitare le formule durante i culti. Era una carica burocratica e molte volte temporanea. Nel Medio regno , era usuale affidare la carica di sacerdote per tre mesi l’anno. In questo modo il sovrano poteva tenere sotto controllo la casta sacerdotale e poteva affidare a più persone i profitti derivanti dalle offerte dei fedeli. Questa suddivisione delle offerta avveniva secordo il ruolo ricoperto dal sacerdote.

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Durante il Nuovo Regno l’incarico di sacerdote divenne fisso. In quel tempo, il faraone sovvenzionava i maggiori templi con denaro e terre. Possiamo citare il caso del tempio di Karnak a Tebe, dove al tempo di Ramses III lavoravano 81.322 uomini, che si occupavano di culto ma anche della gestione delle proprietà dei templi, tra cui 1478 chilometri di terreni e 421.362 capi di bestiame. Questo creava una grande potenza dei templi e della casta ed era una della maggiore preoccupazione del farone mantenere la loro fedeltà. Egli sceglieva con cura e di persona il sacerdote-capo di ogni tempio.

Ecco il testo di nomina di Nebunefef a Gran sacerdote di Amon:

“Si condusse alla presenza di Ramses II Nebunenef, che allora era Gran sacerdote di Onuris-Shu e di Hathor, signora di Dendera. Sua maesta gli disse: a partire da ora, sarai, Gran sacerdote di Amon; i suoi tesori e i suoi granai saranno sotto il tuo sigillo. sarai il capo del tempio. Tutti i suoi beni dipenderanno da te. In quanto al tempio di Hathor, ne attribuirò il sacerdozio a tuo figlio”.

La giornata del sacerdote iniziava prima dell’alba quando il sacerdote si immergeva nel lago sacro di Karnak o si lavava con l’acqua prelevata da esso. Dopo la purificazione, il sacerdote veniva cosparso di incenso profumato e si puliva la bocca masticando una manciata di natron il sale usato anche nella mummificazione. Dopo la vestizione e la consacrazione delle offerte poteva accedere all’area sacra del tempio dove solo lui e il faraone potevano accedere.  Prima di entrare in questo spazio il sacerdote accendeva una torcia  e illuminava l’ambiente, provvedeva poi a profumare tutto con incenso. A questo punto rompeva i sigilli del chiavistello e apriva la “Casa del dio”, un armadio dimpietra con porte di legno dorato nel quale era riposta la statua del dio.

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Il Gran sacerdote poi si prostrava e baciava il pavimento, poi compiva un giro rituale attorno al “tabernacolo” prima di presentare offerte di mirra, oli aromatici, e una statuetta della dea Maat. Questo era il momento di estrarre la statua del dio dopo aver ammucchiato sul pavimento un pò di sabbia pulita che veniva utilizzata per appoggiare la statua. Messa la statua sul pavimento,  il sacerdote puliva l’armadio con la massima cura. Poi abbracciava la statua e successivamente la ripuliva dagli oli e gli unguenti avanzati dai riti precedenti.

Infine spogliava la statua del dio e la lavava con acqua e incenso, prima di rivestirlo con capi puliti: una fascia per i capelli, abiti freschi di lino, una collana d’oro, un pettorale e le insegne della divinità. Le operazione di pulizia terminavano ungendo il dio con oli preziosi, truccando gli occhi con polvere di kohl e spargendo con altra sabbia pulita il pavimento, che veniva purificato con acqua e natron. A questo punto il sacerdote sollevava la statua dal pavimento e e la riponeva nell’armadio di pietra senza chiudere le porte.

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Questo perchè si doveva nutrire la divinità con le offerte di cibi esposti sull’altare. Il sacerdote elencava uno ad uno i cibi prendendone una porzione ciascuno e depositandoli su dei vassoi. Alla fine di questa elencazione, implorava la divinità di accettare le offerte presentatee , per dargli maggiore forza, gli offriva due piccoli amuleti, uno a forma di chiave della vita (ankh) e l’altro di cuore (ib). Recitati altri inni, chiudeva le porte di legno dell’armadio sigillando il catenaccio.

Al tramonto il Gran sacerdote doveva compiere il Rituale della Sera, quasi identico a quello della mattina. Tra questi due rituali il sacerdote si occupava dell’organizzazione del tempio, alla gestione dei suoi beni e sulle questioni giornaliere cui era chiamato a decidere.

 

 

 

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