Il Misterioso Dio Serapide

 

 
I Romani pensavano che i Cristiani fossero solo una delle tante sette di Galilea, sovversive, ma tollerate se rispettavano l’idea imperiale, ma è curioso che gli adoratori di Serapide siano stati assimilati ad essi, se hanno persino ammazzato San Marco venuto a predicare in Egitto, a quanto dice De Rachewiltz.
Le raffigurazioni del dio Serapide sembrano ricordare Gesù, per i capelli alla nazarena, e si potrebbe immaginarlo come un volto poco chiaro di Cristo, sul tipo dello Zeus Infero o dell‟Osiride Nero, poi assimilato, nell‟Egitto tolemaico, appunto proprio al dio Serapide, e che avrebbe spaventato i primi cristiani.

Da dove proviene, nelle immagini di Serapide, l’idea dei capelli lunghi? Forse erano visti come i raggi solari delle aureole pagane? Se rapide, tuttavia, aveva ben poco di solare.

A pag. 73 di “From fetish to God in ancient Egypt” di E. A. Wallis Budge (Oxford University Press, Londra 1934, poi
Dover), c’è un’ illustrazione del dio Searapide (Asar-Hap) proveniente da un rilievo di Meroe.
Nessuna testa taurina, volto umano, copricapo osiriaco, niente capelli, corti o lunghi, e invece una barba e un’ aria grave, forse per questo sarà poi identificato con uno Zeus infero, con Ade o Asclepio. Hap o Hep è però anche il dio del Nilo e quindi Serapide poteva essere un dio “sommovitore” di acque sotterranee o del Nilo Celeste. Non tutti sono d’accordo sull’identificazione Serapide = User (Osiride) + Apis; c’è chi sostiene che in origine fosse un dio marino asiatico importato da Tolomeo I, Shar-Apshu, analogo ad Ea.
In realtà, sembra che ai tempi dell‟assalto cristiano al Serapeo di Alessandria e relativa distruzione di uomini e libri,
comandato dall‟arcivescovo Teofilo (391 d.c.), il luogo fosse, sì, frequentato da cristiani, però di dottrina gnostica (Francis Legge, Forerunners and Rivals of Christianity, From 330 B.C. to 330 A.D.,1914); dunque non assimilabili esattamente alle idee che confluiranno nella cristianità cattolica.
Nel Serapeo di Alessandria, erano conservate copie dei testi presenti nella celebre biblioteca, all‟interno del Museo, sorto attorno al 280 a.C. I rotoli di pergamena del Serapeo, a differenza di quelli del Museo, erano accessibili al
pubblico, non solo agli specialisti. Le opere della biblioteca furono catalogate, attorno al 250 d. C., da Callimaco
di Cirene: si tratta dei “Cataloghi delle persone eminenti in ogni campo del sapere”, in 120 rotoli di papiro (si calcola che il Museion contenesse circa 500 mila rotoli; 40-50 mila nel Serapeo). Va detto, però, che dopo il III secolo d. C dell‟originale biblioteca di Alessandria rimaneva ben poco: il Museion subì infatti numerosi incendi, soprattutto
durante le incursioni di Giulio Cesare e Aureliano. C‟è chi sostiene che il colpo di grazia fu inferto alla fine del IV secolo d.C.

Quel poco che è rimasto lo si deve alla cura di qualche benefattore, che fece trasportare i rotoli a Costantinopoli o ad Harran, nei pressi dell‟antica Edessa, oggi Urfa (e da qui una parte passò, nei secoli seguenti, al mondo islamico).

Come scrive E. Zolla in “Archetipi” (Marsilio, Venezia 2002): “Settimio Severo e Caracalla si presentarono come emanazioni di Serapide-Sole, il cui tempio sorse sul Quirinale. Un giorno Caracalla notificò al Senato che gli era entrato in corpo Alessandro Magno”…
Non a caso Alessandro Magno, scrive sempre Zolla, “aveva ottenuto la consacrazione imperiale egizia, iranica e
forse ambìto a quella vedica. Si era tramutato in cornuto figlio di Ammone in Egitto, con riti che parvero inesplicabili ai suoi laici greci. Fece suoi il fuoco sacro di Dario, e di lui sposò la figlia e uccise l’assassino, assumendo così il carisma iranico. In figura di Dioniso ebbro, ora soave ora omicida, invase l’India, ma il rajasuya, la consacrazione vedica che trasforma un re in embrione e primizia del cosmo e quindi in Imperatore, non seppe carpire”.
Zeus Ammone era il corrispondente grecizzato del dio criocefalo Amon, da qui le corna nell‟iconografia consueta
di Alessandro, iniziato a quel dio nell‟oasi di Siwa, in mezzo al deserto.
Una curiosità diversa: nella perduta biblioteca di Alessandria si trovava la gigantesca “Storia del mondo” di Beroso,
che conosciamo ormai solo dai frammenti di Eusebio da Cesarea ed altri. Essi narrano di strane creature anfibie, gli Apkallus, che avrebbero visitato la terra da altri mondi, portandovi la loro scienza. Anche i Dogon, la tribù del Mali, ha leggende analoghe riguardanti creature anfibie provenienti da Sirio. Realtà o leggenda, tutto ciò è andato
perduto nell‟incendio del 646 d.C.
E’ molto probabile che il porto di Canòpo, dove si trovava il Serapeum, fosse legato all’apparizione dell’omonima stella, la più brillante del cielo dopo Sirio, cioè alla sua levata eliaca sull’orizzonte locale nel periodo tolemaico. Canòpo, come si sa, era il pilota della nave di Menelao, morto per un morso di cobra proprio in quella località.
Curiosamente, nell’Alessandria greco-romana, c’erano due vie perpendicolari che s’incrociavano, la via Canopica e quella di Serapide.
Per quel che ne sappiamo, il Serapeum di Alessandria e la statua di Serapide, già visitate dall’ammirevole Adriano, fecero poi una brutta fine ad opera del patriarca Teofilo, come accennato. Dopo i pagani, con Cirillo, fu la volta degli Ebrei ad essere perseguitati dai Cristiani, quasi a favorire un secondo esodo. Malgrado ciò, al Cairo, vicino alla chiesa di S. Sergio (Abu Sarga) si trova ancora una sinagoga che ospita la più antica Torà della storia… (cfr. J. L. Bernard, “Histoire secrète de L’ Egypte”, Albin Michel, Paris 1983).
Questa chiesa di S. Sergio ha una cripta dove secondo la tradizione si sarebbe fermata la Sacra Famiglia nella sua
misteriosa fuga in Egitto; oggi però è per lo più sommersa dalle acque del Nilo. Quanto invece al Serapeum più famoso, quello di Saqqara, con un sarcofago del modesto peso di settanta tonnellate, è un sotterraneo solitario
degno d’essere visitato, proprio perché i turisti lo snobbano del tutto.
Abbiamo accostato all‟inizio Serapide all‟Osiride Nero; questi aveva un culto che si celebrava a Denderah, in una cripta, più precisamente sotto l‟ottava cappella della cripta Sud, uno strettissimo budello di pietra nera dove sono descritte le ere dell‟umanità. Un uomo cosmico, gigantesco, solleva un loto chiuso che racchiude il serpente del tempo sacro. Si nota l‟asse del mondo, o pilastro Ded, dotato di braccia, per indicare che la coscienza umana era
ancora in sintonia coi processi cosmici. In un graffito successivo le braccia sono sparite, la coscienza umana essendosi oscurata, e restano solo quattro piani. Il loto si è ormai aperto, e il serpente del tempo, profano e non più sacro, inizia ormai a svolgere le sue spire.
 
Fulvio Mocco e Phileas Gage

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